Per il ventesimo giorno del nostro Calendario dell’Avvento Letterario, ci buttiamo in una storia natalizia un po’ diversa dal solito: “Il racconto di Natale di Auggie Wren” di Paul Auster. Questa chicca del 1990 si fa strada tra i classici zuccherosi e smielati del periodo e, sorpresa!, riesce a catturare comunque l’essenza del Natale. Spoiler: non è nei grandi gesti, ma nelle piccole cose – tipo quelle che ti lasciano con un sorriso strano, tra malinconia e tenerezza.
La storia parte con il narratore (che sembra essere Auster stesso) in piena crisi creativa: deve scrivere un racconto di Natale per un giornale, ma non ha la minima idea di cosa dire. Tipo quando qualcuno ti chiede un discorso improvvisato e tu speri che la terra ti inghiotta. A salvarlo arriva Auggie Wren, un tabaccaio un po’ filosofo che gli propone una “storia vera” di Natale. E che storia.
Auggie racconta di quando ha trovato un portafoglio con 400 dollari e ha deciso di restituirlo alla proprietaria, un’anziana cieca. Tutto normale, giusto? Solo che no. La donna lo scambia per il nipote che non vede da anni. E Auggie, invece di correggerla, decide di giocare il ruolo: resta con lei per Natale, regalando a questa sconosciuta un po’ di calore umano. Sì, tecnicamente è una bugia. Ma quanta dolcezza c’è in questo piccolo inganno?
Ed è qui che sta il bello: Auggie non è un eroe perfetto. È uno di noi, con le sue imperfezioni e contraddizioni. La sua decisione non segue la morale convenzionale, ma è spinta da una cosa che spesso dimentichiamo durante le feste: l’empatia. E, ammettiamolo, quante volte ci capita di fare qualcosa di “non proprio giusto” per far felice qualcuno?
Questa storia, breve ma intensa, ci ricorda che il Natale non deve essere patinato o pieno di lucine per essere speciale. È nei piccoli gesti, nei momenti imperfetti che riescono a scaldare il cuore. Auster, con la sua scrittura semplice ma potentissima, ci fa vedere che anche un tabaccaio di Brooklyn può incarnare lo spirito natalizio, con o senza un albero di Natale perfetto.
Forse, il punto è proprio questo: lasciare da parte l’idea di un Natale “da film” e concentrarci sulle connessioni reali. Quelle che ti sorprendono, che ti fanno vedere il mondo da un’altra prospettiva, anche se solo per un momento.
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