Ho recuperato Reprise (2006), l’inizio della Trilogia di Oslo, che comprende anche 31 agosto e La persona peggiore del mondo (clicca qui per leggere la mia recensione). Ed è stato un viaggio. Non solo nella storia di due aspiranti scrittori, ma in quella fase della vita in cui tutto sembra possibile e, allo stesso tempo, incredibilmente fragile.
Di cosa parla
Phillip (Anders Danielsen Lie) ed Erik (Espen Klouman Høiner) condividono il sogno di diventare scrittori affermati. Entrambi provano a farsi strada inviando i loro manoscritti alle case editrici, ma il destino li porta su strade diverse: Phillip trova rapidamente il successo, ma finisce schiacciato dalle aspettative, mentre Erik resta ai margini, combattendo con il senso di inadeguatezza.
La narrazione è tutto tranne che lineare: flashback, visioni di futuri possibili e momenti immaginati si alternano in modo frammentato, rispecchiando il caos e le emozioni contrastanti che i protagonisti vivono. È un’immersione intensa nelle ambizioni, nelle paure e nei sogni infranti tipici di chi si affaccia alla vita adulta.
Stile e regia
Il modo in cui Trier racconta Reprise è speciale. Non c’è una narrazione lineare: si passa da flashback a visioni del futuro, a pensieri immaginati. È come stare dentro la mente dei personaggi, in quel caos di sogni e paure che definisce i vent’anni.
La fotografia è cruda ma poetica, con un tocco che riesce a rendere speciale anche la scena più quotidiana. E il narratore onnisciente? Una trovata che dà al film un tocco letterario che ho adorato.
Cosa mi ha colpito
Più di tutto, Reprise mi ha fatto pensare a quei momenti in cui sogni in grande, ma poi arriva la realtà a complicare tutto. Phillip ed Erik non sono eroi, ma persone che cercano di capire chi sono e cosa vogliono, sbagliando e rialzandosi.
Ammetto che in alcuni momenti il ritmo si perde un po’, ma è come se fosse voluto: un modo per farci sentire quel senso di disordine e incertezza che vivono i personaggi.
Perché vederlo?
Reprise è uno di quei film che ti restano addosso. Non perché ti dà risposte o conclusioni chiare, ma perché ti costringe a guardarti dentro, a pensare ai tuoi sogni e alle volte in cui ti sei sentito perso.
Se ami i film che non semplificano le emozioni e ti lasciano con qualcosa su cui riflettere, non puoi perderlo. E se conosci Oslo, 31 agosto o La persona peggiore del mondo, qui troverai le radici di quell’universo così unico di Trier.
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