L’ho letto con mio figlio. E vi dico la verità: pensavo fosse una storia tenera, di quelle che parlano di animali domestici e bambini che imparano a prendersene cura. Un libro tranquillo da leggere prima di dormire.
Non lo è.
O meglio, lo è anche, ma sotto c’è molto di più. “Misha. Io, i miei tre fratelli e un coniglio”, scritto da Edward van de Vendel e Anoush Elman, con le illustrazioni di Annet Schaap, è un libro che racconta la vita di chi ha dovuto lasciare la propria casa e imparare a sentirsi a casa da un’altra parte. Ma lo fa in un modo delicato, senza spiegoni, senza pietismi. Lo fa come fanno i bambini: raccontando la realtà attraverso piccoli gesti, senza bisogno di grandi discorsi.
La trama
Roya ha nove anni, tre fratelli e una famiglia che ha lasciato l’Afghanistan per trasferirsi in Olanda. Ora hanno una casa, una scuola, una vita da ricostruire. Ma avere un tetto sopra la testa non significa automaticamente sentirsi al sicuro.
E poi arriva Misha, un coniglio bianco. Un animale piccolo, fragile, silenzioso. È lui a diventare il centro della storia, il punto di riferimento per Roya e i suoi fratelli. Perché? Forse perché prendersi cura di qualcuno aiuta a sentirsi meno persi. Forse perché un coniglio non chiede niente, non fa domande scomode, non ha bisogno di parole difficili.
Misha diventa una presenza rassicurante, un piccolo essere vivente che i bambini possono proteggere, mentre loro stessi cercano ancora un modo per sentirsi al sicuro.
Questo libro non ti racconta la guerra, non ti spiega il trauma. Ti fa capire che c’è, nei silenzi, negli sguardi degli adulti, nelle paure dei bambini che non sanno come esprimerle.
Lo stile – Dire tanto con poco
La scrittura di van de Vendel e Elman è pulita, essenziale. I capitoli sono brevi, il linguaggio è semplice ma mai banale. Il punto di vista è quello di Roya, e tutto passa attraverso la sua esperienza diretta, senza sovrastrutture.
Le illustrazioni di Annet Schaap, in bianco e nero, aggiungono un livello emotivo fortissimo: tratti morbidi, delicati, che sembrano quasi sfumare, come se le immagini fossero fatte di ricordi.
E poi c’è il non detto. Le paure che non vengono spiegate. Il papà che non sorride più. La mamma che non vuole parlare del passato. Le cose lasciate indietro che nessuno nomina, ma che si sentono in ogni pagina.
La mia esperienza – Leggere (e capire) con mio figlio
A un certo punto, mentre leggevamo, mio figlio mi ha detto: “Misha ha paura?”
Gli ho risposto: “Penso di sì.”
Poi mi ha guardato e ha aggiunto: “Anche Roya, vero?”
Ecco, credo che il cuore di questo libro sia tutto qui. Non serve dire che qualcuno ha paura. Non serve spiegare il trauma. I bambini capiscono, sentono, leggono tra le righe.
Alla fine del libro, mio figlio ha voluto sapere se Misha stava bene. Ho sorriso, perché questa è la domanda giusta. Questo è quello che ci lega tutti: il bisogno di sapere che alla fine, in qualche modo, troveremo un posto sicuro.
Se avete figli, leggetelo con loro. Se non ne avete, leggetelo lo stesso. È una storia piccola, ma lascia un segno grande.





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