📺 Miniserie Netflix | 6 episodi | 2022

L’ho scelta in una sera qualsiasi, quando non avevo voglia di parlare con nessuno. Pioveva, ero stanca di quel tipo di stanchezza che non è fisica. Avevo solo bisogno di sentire qualcosa, ma senza che mi facesse troppo male. E Le ragazze dell’ultimo banco è arrivata così, come un sussurro. Una serie spagnola creata da Daniel Sánchez Arévalo, sei episodi pieni di silenzi che parlano più delle parole.

La trama

Cinque amiche. Un viaggio che fanno ogni anno. Un rituale che, questa volta, ha un peso diverso: una di loro ha il cancro. Tutte lo sanno, ma non si può dire chi. Non se ne parla. L’unica regola è vivere. Si radono tutte la testa, per solidarietà, per amore, forse per paura. E poi partono. Durante il viaggio, si lanciano delle sfide anonime, scritte da loro stesse, per spingersi oltre. È un gioco, ma anche un modo per aggrapparsi alla vita. Ridono, piangono, si abbracciano. Come nella vita vera. Solo che qui c’è una nuvola sospesa sopra ogni scena.

La regia e lo stile

La regia è delicata, mai invadente. La camera sembra quasi chiedere permesso prima di avvicinarsi. Non c’è fretta, non c’è bisogno di spiegare tutto. La storia si svela piano, con pudore. E questa scelta funziona, soprattutto perché né il pubblico né le attrici sanno chi è malata fino alla fine. Questo rende tutto più autentico, più fragile, più vero.

Punti positivi

Ci sono tante cose che ho amato. L’alchimia tra le attrici è palpabile. Sembrano davvero amiche da anni. La sceneggiatura gioca con leggerezza e malinconia, senza mai cadere nel patetico. La colonna sonora è perfetta, accompagna senza invadere. E il modo in cui si parla della malattia, senza farne il centro, ma lasciandola lì, presente, è qualcosa di raro. Una presenza silenziosa che rende tutto più intenso.

Punti negativi

Non tutto funziona sempre. Alcuni episodi sono un po’ lenti, certe sottotrame si aprono e poi spariscono. A volte la serie cerca di essere poetica a tutti i costi, e non sempre ci riesce. Ma alla fine, glielo perdoni. Perché ti ha toccato in un punto che nemmeno sapevi di avere.

La mia esperienza

L’ho guardata da sola. Luci spente, silenzio intorno, cuore aperto. Ho pensato alle mie amiche. A quelle che non sento più. A quelle che ci sono sempre, anche se non ci parliamo ogni giorno. Mi ha ricordato che l’amore può essere anche silenzioso. Che a volte prendersi cura significa esserci senza dire nulla. Che vivere è anche affrontare quello che non possiamo controllare, ma possiamo comunque amare.

Le ragazze dell’ultimo banco non è una serie per tutti i momenti. Ma se arriva nel momento giusto, ti entra dentro con una forza gentile. È una carezza. Un piccolo terremoto. Una storia intima che parla di amicizia, di tempo, di coraggio. E, in fondo, di come si può vivere davvero solo quando si smette di rimandare.

Guardala da sola, se puoi. E poi dimmi se anche tu, alla fine, hai sentito il bisogno di scrivere a qualcuno che non senti da tanto.

6 risposte a “Le ragazze dell’ultimo banco”

  1. L’amicizia sincera è un dono rarissimo ma quando c’è, come per le protagoniste di questa produzione, tocca il cuore nel profondo come poche altre cose ❤️
    Grazie per questo tuo racconto, ancora una volta! 🤗

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    1. Sì, è proprio vero: l’amicizia sincera ha qualcosa di sacro, di misterioso. Come se ci fosse un filo invisibile che ci tiene legate, anche nei silenzi, anche nelle assenze. Grazie a te, davvero, per aver letto con il cuore.

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      1. Sempre con grande piacere 😘

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  2. Esiste ancora?

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    1. Non lo so….. Ma io, dopo averla vista, ho sentito che qualcosa di me esisteva ancora….

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  3. nel capoverso “La mia esperienza” hai descritto forse l’unico modo per “vivere” certe “cose”. Il solo modo di andare oltre, superare la tangibilità e la fisicità, forse l’unico modo per entrare nelle emozioni e farne parte, in qualche modo la sola strada per guardarsi dentro e “vedere”. Al di là della serie, quello che scrivi mi ha toccato profondamente. Così ho pensato ai miei amici, gente con la quale ho vissuto anni indimenticabili e con la quale ancora vivo momenti, sebbene a distanza. Persone e attimi impressi nella carne, nella mente e in mille luoghi e latitudini. Anime salve diceva de Andrè, grazie a loro mi e ci siamo “salvati” dalla quotidianità, da quella realtà “piccola” di un paese piccolo, dai dubbi, dal futuro. In quei gesti di tanti anni fa rivedo ancora il mio essere adolescente e sento il viavai di queste nuove strade divise dai chilometri ma mai dal cuore. Sono immensamente grato a tutti loro per essere diventato quello che sono. Grazie a te per avermi riportato in quel tempo, in quella macchina con diecimila lire in cinque in cerca del presente. Un abbraccio

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