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A volte mi affido all’istinto. Altre volte all’algoritmo. Questa volta è stato un mix delle due cose… con un pizzico di masochismo esistenziale. Ho visto il poster di Vivarium (2019), con quell’estetica verdognola, il cielo troppo blu e quelle villette tutte uguali e ho pensato: questo film mi farà male in modo interessante. E avevo ragione.
Spoiler: mi ha tolto l’anima a piccoli morsi silenziosi.

La trama

Gemma (Imogen Poots) e Tom (Jesse Eisenberg) vogliono solo comprare casa. Tutto normale. Ma un agente immobiliare un po’ troppo inquietante li porta in un quartiere chiamato “Yonder”, dove ogni casa è identica. Letteralmente. Stesso prato, stesso numero civico, stesso cielo irreale.

Quando provano ad andarsene… non ci riescono. E il giorno dopo trovano una scatola con un neonato dentro e un bigliettino: “cresci questo bambino e sarai liberato”.

Da lì, il film si trasforma in un incubo lucido: ogni giorno è uguale all’altro, il bambino cresce troppo in fretta, la casa diventa una trappola. E il tempo… beh, il tempo smette di esistere come lo conoscevamo.

Teorie e interpretazioni

Vivarium non vuole essere realistico. È una grande metafora, e per questo funziona, o ti distrugge a seconda dello stato d’animo.

  • Le case tutte uguali: il simbolo perfetto del conformismo. Il sogno borghese diventa prigione.
  • Il tempo distorto: la vita che ti scivola tra le mani. Cresci, invecchi, ti ripeti, e manco te ne accorgi.
  • Il labirinto suburbano: è la lotta contro un sistema che non puoi decifrare. Spoiler: il sistema vince.

Regia, recitazione ed estetica

La regia di Lorcan Finnegan è chirurgica. Fredda. Geometrica. Ogni scena è costruita per metterti a disagio, senza alzare la voce.

  • Imogen Poots è una bomba emotiva. È lei che porta sulle spalle tutto il peso psicologico del film.
  • Jesse Eisenberg fa il Jesse Eisenberg: alienato, ansioso, confuso. Ma qui funziona.
  • E la fotografia… sembra un mondo simulato, con colori piatti e perfetti, come un rendering lasciato a metà. E ti fa impazzire.

Cosa funziona davvero

  • Ti incolla allo schermo anche quando ti fa male.
  • È una critica sociale travestita da fantascienza.
  • È esteticamente affascinante e inquietante allo stesso tempo.
  • Ti lascia qualcosa addosso. Anche se non sai bene cosa.

Cosa può disturbare

  • È lento. Molto. E sì, è ripetitivo. Ma forse è proprio il punto.
  • Non spiega tutto. Anzi, non spiega quasi niente. Devi accettarlo.

Vivarium è uno di quei film che non ha bisogno di mostri o sangue per spaventarti. Ti colpisce dove fa più male: nella paura di una vita senza via d’uscita.
È inquietante, visivamente potente, emotivamente disturbante. E se ti sei mai sentita intrappolata nella ripetizione dei giorni, allora questo film… è per te.
Anche se non ti darà risposte. Solo uno specchio.

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