C’è un respiro che tutti conosciamo, quello pesante, meccanico, che accompagna il vuoto della maschera bianca. Michael Myers non è solo un personaggio, è diventato un simbolo dell’orrore. E tutto comincia nel 1978, quando John Carpenter gira con pochi soldi e molta inventiva un film destinato a cambiare per sempre il genere. Quarant’anni dopo, nel 2018, la saga si reinventa tornando alle origini: stesso mostro, stessa notte, stessi occhi dietro la maschera. Ma con un mondo che nel frattempo è cambiato.

Che cos’è lo slasher classico?

Se il gotico (Giorno 1) vive di atmosfere, colpa e ombre che ritornano, lo slasher è il suo opposto rumoroso e sanguinolento. Nasce negli anni Settanta, quando il terrore smette di abitare nei castelli e si trasferisce nei sobborghi americani. Non più maledizioni antiche, ma un coltello affilato, un assassino mascherato e un gruppo di adolescenti ignari.

Le regole diventano subito chiare:
– un killer implacabile (spesso senza volto o motivazioni);
– un gruppo di vittime, spesso giovani e “colpevoli” di trasgressioni;
– la violenza crescente, giocata sull’attesa e sul ritmo;
– la final girl, l’unica che resiste, destinata a sopravvivere (più per testardaggine che per eroismo).

Lo slasher è cinema diretto, fisico, che mette in scena la paura pura e immediata, il male non è una maledizione astratta ma un coltello che bussa alla porta.

Halloween (1978): la nascita dello slasher

Carpenter parte da una trama semplicissima: un bambino uccide la sorella nella notte di Halloween, viene rinchiuso e anni dopo evade per tornare a colpire. Laurie Strode, una studentessa qualunque, diventa l’oggetto della sua caccia. Poche location, pochissimi effetti, una colonna sonora ossessiva (composta dallo stesso Carpenter) e un mostro che non parla mai: il Male puro, implacabile, senza spiegazioni.

Con questo film nascono davvero le regole dello slasher: il killer mascherato, il gruppo di ragazzi ignari, la violenza che cresce, la “final girl” che resiste. Laurie Strode non è un’eroina per scelta, ma per necessità. E in quel suo resistere goffo e disperato c’è la forza di un archetipo che influenzerà decine di film successivi.

Halloween (2018): il ritorno

Dopo sequel, prequel e reboot confusi, nel 2018 arriva un nuovo Halloween che decide di cancellare tutto e porsi come unico vero seguito del film originale. Laurie Strode non è più la ragazzina spaventata, ma una donna che ha passato la vita a prepararsi per il ritorno di Michael. Vive isolata, in una casa trasformata in trappola, ossessionata e ferita dal trauma. Quando Michael evade di nuovo, la partita si riapre: non è più un inseguimento, è una resa dei conti.

Questo film aggiunge una dimensione psicologica: mostra come la violenza si trasmette nel tempo, come il trauma diventa eredità. Laurie, sua figlia e sua nipote rappresentano tre generazioni diverse segnate dallo stesso mostro. Michael non invecchia, Laurie sì: ma proprio in quella differenza c’è la potenza del film.

Lettura critica

Il 1978 è puro terrore minimalista: silenzi, inquadrature lunghe, il senso che il male possa essere ovunque. È cinema che lavora sull’attesa. Il 2018 è più esplicito, più rumoroso, ma porta con sé una riflessione: cosa succede quando la paura diventa identità? Laurie non è più solo vittima, ma guerriera e prigioniera della stessa ossessione.

I due film dialogano come un prima e un dopo: l’adolescenza e l’età adulta, l’orrore che esplode e quello che sedimenta. Guardarli insieme è vedere come il cinema dell’orrore non solo spaventa, ma cresce con noi, adattandosi alle domande del tempo.

Perché guardarli a Halloween

Perché non c’è Halloween senza Halloween. Il 1978 è la radice: il film che ha reso la festa sinonimo di terrore cinematografico. Il 2018 è la prova che quel respiro non si spegne: il mito può essere reinventato, e ogni generazione ha il suo modo di affrontarlo. È quasi un rito: tornare a Haddonfield significa ricordare che dietro ogni maschera può esserci un mostro… o semplicemente il vuoto.

Curiosità

– Il budget del 1978 era ridicolo: circa 300.000 dollari. Ne incassò più di 60 milioni.
– La maschera di Michael Myers era in realtà una maschera del Capitano Kirk di Star Trek, dipinta di bianco e deformata.
– Jamie Lee Curtis, figlia di Janet Leigh (la celebre vittima di Psycho), è diventata icona horror proprio con Halloween.
– John Carpenter ha composto il tema musicale in pochi giorni: tre note che sono entrate nella memoria collettiva.
– Nel 2018 Carpenter non dirige, ma torna come consulente e musicista.
– Il film del 2018 è stato definito “requel”: metà reboot, metà sequel, la nuova moda di Hollywood.

7 risposte a “Halloween (1978 & 2018) – Slasher classico”

  1. Non sono una fan di questo genere, ma potrei dare una possibilità a questa produzione! 😉

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    1. Ti capisco bene, anche per me l’horror troppo esplicito non è proprio il preferito 😅 però Halloween ha qualcosa di diverso, il primo è più suspense che sangue e quello del 2018 gioca molto sul tema del trauma e della sopravvivenza. Magari ti sorprende 😉

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      1. Allora è deciso: li guarderò entrambi e sceglierò il mio preferito! 🤗

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  2. Halloween del 1978 è un esempio di come un falegname (Carpenter) con trentamila lire abbia fatto meglio di tanti prodotti supercommerciali. Un film che ha condizionato per sempre il mondo dell’horror. Comunque il primo rimane l’unico valido, non ho mai apprezzato i sequel, i reboot e i remake di questo franchise.

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    1. Hai ragione il fascino del 1978 resta unico, quell’essenzialità e quell’atmosfera minimalista non si sono più ripetute. Anch’io penso che nessun seguito abbia raggiunto quella stessa forza, però ho trovato interessante il 2018 proprio perché prova a dialogare con l’originale, quasi come se fosse un ponte tra passato e presente

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  3. Di solito questi sono i film in cui sobbalzo a ogni stormir di fronda, sono la vittima designata dei più banali stratagemmi cinematografici.

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    1. Eh ma è quello il segreto degli slasher, ti fanno tornare bambino, con la paura pura, immediata, quasi giocosa. Sobbalzi, ridi, poi guardi dietro di te per sicurezza e intanto il film ha già vinto

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