Dead Ringers è una di quelle serie che ti ipnotizzano e ti mettono a disagio allo stesso tempo, un’esperienza estetica e psicologica che ti entra sotto pelle e non se ne va. È una miniserie di Prime Video, uscita nel 2023, creata da Alice Birch (la sceneggiatrice di Normal People e Lady Macbeth) e ispirata all’omonimo film di David Cronenberg del 1988. La grande differenza è che qui i gemelli protagonisti diventano due sorelle, entrambe interpretate da una straordinaria Rachel Weisz, capace di passare da una all’altra con una naturalezza inquietante.

La trama

Dead Ringers è una reinterpretazione femminile del film cult di David Cronenberg del 1988. Al posto dei due fratelli gemelli, qui abbiamo due sorelle, Elliot e Beverly Mantle, entrambe interpretate da una magistrale Rachel Weisz.

Sono due ginecologhe di fama, geniali e ambiziose, che condividono tutto: la vita, il lavoro, gli amanti, i sogni e le ossessioni. La loro missione è rivoluzionare il mondo del parto e della fertilità, spingendo la scienza oltre i confini della bioetica. Ma il loro legame, simbiotico e malato, comincia a incrinarsi. E nel momento in cui cercano di creare la vita, finiscono per distruggere la propria.

È una storia che parla di potere e desiderio, di identità e dissoluzione, ma soprattutto del bisogno di controllare l’incontrollabile, il corpo, l’amore, la creazione.

Direzione, stile e linguaggio visivo

La serie è un esercizio di eleganza inquieta, dove ogni elemento visivo sembra pensato per bilanciare bellezza e disagio. La regia utilizza la simmetria come linguaggio, i colori freddi e metallici come metafora di un’emozione congelata, e poi, all’improvviso, lascia esplodere rossi saturi e viscerali che interrompono la perfezione sterile delle immagini. Guardarla è come osservare una ferita attraverso il vetro: non puoi toccarla, ma ne senti il dolore.

La fotografia è calibrata con una precisione chirurgica. Ambienti sterili, luci taglienti, silenzi che pesano più delle parole. Ogni scena sembra costruita per mostrare il punto in cui il controllo cede al disfacimento, dove la lucidità razionale si frantuma nella follia. È una regia che guarda i corpi come mappe di potere e vulnerabilità, e in questo equilibrio costante tra freddezza e passione trova la sua forza più grande.

Dead Ringers porta avanti l’eredità del body horror postmoderno, ma ne cambia il linguaggio. In Cronenberg il corpo mutava, si deformava; in Alice Birch il corpo pensa, sente, elabora. Qui l’orrore non nasce dal sangue, ma dall’ambizione di dominare la natura, di spingersi oltre il limite dell’etica in nome del progresso. È un horror mentale e filosofico, che usa la carne come strumento di riflessione, non come shock visivo.

La serie diventa così una riflessione feroce sul potere riproduttivo femminile e sulla mercificazione della nascita. Elliot e Beverly vogliono ribaltare le regole di un sistema medico dominato dagli uomini, ma nel farlo finiscono per replicare le stesse logiche di violenza e controllo che cercavano di distruggere. La loro ricerca di libertà si trasforma lentamente in prigionia.

Al tempo stesso Dead Ringers è un racconto di simbiosi tossica. Le due sorelle sono due metà che si completano e si annientano, incapaci di esistere l’una senza l’altra. Elliot incarna l’ego e la sete di potere, Beverly la vulnerabilità e il bisogno di cura. Insieme formano un solo organismo che implora separazione ma non può sopravvivere alla distanza. In questo, la serie diventa una parabola sul rapporto tra ragione e istinto, scienza ed empatia, mostrando come ogni tentativo di equilibrio finisca inevitabilmente per rompersi.

Infine, c’è un discorso più ampio sul corpo come campo politico. La clinica che le sorelle gestiscono è allo stesso tempo un laboratorio scientifico e una metafora sociale, un luogo in cui il desiderio di perfezione si trasforma in dominio. È l’immagine di una società che vuole controllare tutto, persino la nascita, e che confonde la creazione con la manipolazione. Man mano che la serie avanza, la domanda non è più possiamo farlo, ma perché vogliamo farlo e la risposta, forse, è la parte più inquietante di tutte.

Punti positivi e negativi

Positivi:

  • Rachel Weisz è straordinaria. Riesce a rendere le due sorelle completamente diverse, ma con un legame viscerale che ti fa dimenticare che siano la stessa attrice.
  • La regia e la fotografia creano un’estetica potente, che trasforma il gelo in emozione.
  • La scrittura è ambiziosa e disturbante, piena di momenti in cui il dialogo diventa quasi una dissezione morale.

Negativi:

  • È una serie densa, lenta, volutamente claustrofobica. Se cerchi ritmo o leggerezza, non è qui che li troverai.
  • A volte l’intellettualismo della scrittura rischia di soffocare l’emozione, come se tutto fosse un po’ troppo controllato — e forse è proprio questo il punto.

La mia esperienza personale

Mi ha fatto pensare, mi ha disturbata, mi ha affascinata. Ogni episodio era una seduta di autopsia psicologica, e io non riuscivo a distogliere lo sguardo. Mi sono resa conto che il vero orrore non è il sangue o la follia, ma il desiderio di perfezione. La paura di essere imperfetti, di dipendere dagli altri, di non avere il controllo. Dead Ringers parla proprio di questo: di quanto ci spaventi essere umani.

È una visione intensa, non per tutti, ma se ami il cinema che scava invece di intrattenere, quello che ti lascia domande più che risposte, allora questa serie è un piccolo capolavoro. Un esperimento perfettamente riuscito di come il corpo e la mente possano diventare la stessa, inquietante, melodia.

Lascia un commento

In voga