Mi è tornata in mente Solos, questa miniserie antologica che trovi su Prime Video con 7 episodi, ognuno sui 21–32 minuti. Era da tempo parcheggiata nella mia lista dei “la guardo prima o poi” e, proprio per la durata corta degli episodi, ho deciso di infilarla tra un caos e l’altro della giornata, tipo pausa mentale di lusso.
Spoiler: non è affatto una pausa mentale. È molto più densa, emotiva e pesante di quanto mi aspettassi di quelle serie che ti prosciugano un pochino ma, ao mesmo tempo, ti fanno pensare un bel po’.
E poi il cast, onestamente… Anne Hathaway, Helen Mirren, Morgan Freeman, Anthony Mackie, Constance Wu: sembra quasi un esperimento del tipo “prendiamo solo attoroni, lasciamoli da soli in scena e vediamo cosa succede”
La trama
Solos è una serie antologica di fantascienza drammatica: ogni episodio segue un personaggio in una situazione di isolamento, spesso in un futuro più o meno distopico, ma che in realtà parla tantissimo di noi, qui e ora.
Si può vedere tranquillamente fuori ordine, ogni episodio è autonomo
S1E1 – TOM
Un uomo scopre che il suo tempo sta finendo e si affida a una tecnologia pensata per “proteggere” la sua famiglia dopo la sua morte.
S1E2 – PEG
Una donna viaggia sola nello spazio verso una destinazione lontana e, lungo il tragitto, è costretta a fare i conti con la propria vita.
S1E3 – JENNY
Una sala d’attesa senza tempo, ricordi che non combaciano e una donna che prova a raccontarsi finché la sua stessa versione dei fatti inizia a scricchiolare.
S1E4 – SASHA
Anni dopo un grande evento globale, una donna vive ancora chiusa in una smart home che promette sicurezza assoluta, ma le chiede di uscire.
S1E5 – LEAH
Una fisica brillante lavora a un esperimento sul tempo mentre cerca, in modi suoi, di fare pace con qualcosa del proprio passato.
S1E6 – NERA
Una donna ricorre a un trattamento di fertilità futuristico e, dopo la nascita del figlio, si trova davanti a una maternità molto diversa da come l’aveva immaginata.
S1E7 – STUART
Un giovane incontra un anziano con problemi di memoria e usa una tecnologia che può riportare a galla il passato, nel bene e nel male.
Regia, stile e quella meravigliosa aria di “teatro filmato”
La regia è divisa tra vari nomi, ma il tono rimane coerente: pochi ambienti, pochissimi personaggi, la macchina da presa incollata all’attore. Mi è piaciuta Solos proprio perché sembra più una pièce teatrale filmata che una serie tradizionale: il vero spettacolo è il volto dell’attore, non quello che succede “fuori campo”.
Anche il tempo segue un’altra logica: invece del solito ritmo da piattaforma, qui il ritmo è emotivo. Sembra davvero che qualcuno abbia detto: “diamo 30 minuti di monologo sci-fi a ogni attore e vediamo che succede”.
E anche se parla di futuro, Solos è molto presente: personaggi soli circondati da schermi e voci artificiali, tecnologia che promette cura ma controlla, memoria che si può manipolare e comprare. E lì la domanda inevitabile è: se qualcuno controlla quello che ricordi, non controlla anche chi sei?
Cosa funziona davvero
- Le interpretazioni: è una festa per chi ama la recitazione. Ognuno ha il suo piccolo palcoscenico di mezz’ora e lo usa fino in fondo. Gli sguardi, le pause, le crepe nella voce… sono spesso più importanti della trama.
- La forma breve: episodi tra i 20 e i 30 minuti che sembrano corti teatrali.
- L’estetica essenziale: gli ambienti sono pochi ma pensati, le luci raccontano, i colori sottolineano stati emotivi senza diventare “effetto speciale”.
- Serie che fa pensare ma anche sentire: non è solo concetto; tocca cose molto viscerali solitudine, paura di dimenticare, paura di essere dimenticatə.
E cosa zoppica un po’
- Non tutti gli episodi hanno la stessa forza: classico problema delle antologie. Alcuni sono potentissimi, altri lasciano un po’ quella sensazione di idea interessante non del tutto sviluppata.
- Ogni tanto il testo spiega troppo: ci sono momenti in cui avrei preferito più silenzio, più sottinteso, meno monologo esplicativo.
- Il tono è quasi sempre denso: anche se gli episodi sono brevi, emotivamente non è leggerissima. Se li guardi tutti di fila, ti arriva addosso una certa nuvola.
- Chi cerca “fantascienza alla Black Mirror” forse rimane spiazzato: qui non c’è il grande twist finale ogni volta; la tecnologia è più contesto che protagonista. È molto più introspezione che shock.
La mia esperienza di visione
Io ho guardato Solos come se stessi andando a teatro: un episodio alla volta, lasciando decantare, tornando su qualche battuta e fissando i dettagli di regia e recitazione. A tratti mi sono dimenticata che fosse “una serie” e mi sono ritrovata in modalità platea: io, lo schermo e una persona sola che parla, confessa, crolla, si difende. Mi è piaciuta proprio perché Solos sembra più una pièce teatrale filmata che una serie tradizionale: per chi ama vedere attori lavorare in profondità, è come entrare in un laboratorio emotivo con budget da piattaforma.
A chi la consiglierei
La consiglierei a chi ama le grandi interpretazioni e non ha paura dei monologhi lunghi, a chi apprezza la fantascienza emotiva più interessata alle persone che ai gadget, a chi ha un debole per il teatro e per gli episodi brevi ma densi. Forse non è l’ideale per chi cerca una trama continua piena di colpi di scena, qualcosa di leggero da tenere in sottofondo o non sopporta storie centrate su un solo personaggio in uno spazio chiuso.
Se decidi di guardarla proprio a fine anno, Solos può funzionare come uno specchio un po’ distorto ma sincero: tecnologico fuori, molto umano dentro. Ti ricorda, in modo dolce e doloroso, che in mezzo a tutta questa connessione artificiale quello che cerchiamo ancora è una connessione vera con gli altri, con il mondo, con la versione più onesta di noi stessə.
E già che ci siamo, prima che l’anno si chiuda davvero:
grazie per aver passato questo anno con me, leggendo, condividendo, consigliando film e serie, filosofando nei commenti, ridendo e, a volte, pure stancandoci insieme. 💛




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