Sai quel tipo di film che finisce e ti lascia un po’ stordito, senza sapere esattamente come sentirti? Ecco, è esattamente così che mi sono sentito dopo aver visto Saltburn. Scritto e diretto da Emerald Fennell (la stessa mente brillante dietro Una Donna Promettente), il film è un mix di fascino visivo e disagio psicologico che ti rimane addosso come una macchia impossibile da cancellare.

Disponibile su Prime Video, Saltburn dura 2 ore e 11 minuti – abbastanza per trascinarti in un vortice di lusso, ossessione e segreti.

La trama

La storia inizia presentandoci Oliver Quick (Barry Keoghan), uno studente universitario di origini modeste che cerca di adattarsi all’ambiente elitario e opprimente di Oxford nei primi anni 2000. Oliver è introverso, un po’ goffo e chiaramente consapevole di non appartenere a quel mondo.

La sua vita cambia quando incontra Felix Catton (Jacob Elordi), un compagno di classe magnetico e carismatico, il classico ragazzo che brilla ovunque vada. Felix è quel tipo di persona che tutti vogliono essere o avere accanto, con un fascino che sembra innato.

Diversamente dagli altri, Felix tende una mano a Oliver. I due si avvicinano, e, prima che Oliver se ne renda conto, viene invitato a trascorrere l’estate nella lussuosa proprietà della famiglia Catton: Saltburn. E quando dico lussuosa, non sto esagerando – stiamo parlando di una villa immensa, circondata da giardini sconfinati, un lago monumentale e quel tipico “profumo di vecchi soldi” che riempie l’aria.

La famiglia Catton, naturalmente, è tanto eccentrica quanto te la immagini. La madre, Elspeth (Rosamund Pike), è raffinata fino all’eccesso e ha un umorismo tagliente che sfiora spesso la crudeltà. Il padre, Sir James (Richard E. Grant), è un aristocratico che sembra vivere in un mondo tutto suo. Per completare il quadro, c’è Venetia (Alison Oliver), la sorella di Felix, una figura avvolta nel mistero e carica di segreti.

Mentre Oliver cerca di adattarsi a questa nuova realtà fatta di lusso (e stranezze), diventa chiaro che c’è una linea sottile tra fascinazione e ossessione. Lentamente, comincia a perdersi in quel mondo, e il rapporto con Felix e il resto dei Catton diventa sempre più complesso. Quello che inizialmente sembra un sogno dorato si trasforma in qualcosa di oscuro e imprevedibile.

Il film ha un modo unico di farti sentire che qualcosa non va, anche quando tutto sembra normale in superficie. Sono gli sguardi, le pause, le micro-espressioni dei personaggi che rivelano un sottotesto molto più profondo di quanto venga detto.

Questa tensione cresce fino a esplodere – ma non ti dirò dove o come. Ti anticipo solo che Saltburn è quel tipo di storia che, in fondo, parla più delle persone che osservano l’abisso (e ci si buttano) che dell’abisso stesso.

Stile e regia: uno spettacolo di eccessi

Se c’è una cosa che Emerald Fennell sa fare, è riempire i suoi film di personalità. L’estetica di Saltburn è mozzafiato ma disturbante. Ogni inquadratura sembra progettata con cura per ipnotizzarti e, allo stesso tempo, metterti a disagio. La villa della famiglia Catton è praticamente un personaggio a sé, con la sua grandiosità soffocante e la decadenza nascosta sotto la superficie – una sorta di incontro tra Il Grande Gatsby e Parasite.

Ciò che mi ha colpito di più, però, è la direzione degli attori. Barry Keoghan è straordinario nei panni di Oliver, portando sullo schermo una miscela di vulnerabilità e qualcosa di leggermente inquietante. Jacob Elordi, d’altra parte, sorprende davvero. Prende quel suo fascino da galantuomo e lo distorce fino a farlo diventare vuoto e inquietante, come un pezzo decorativo nella villa di famiglia.

Tuttavia, non tutto è perfetto. In alcuni momenti, Fennell esagera con la stilizzazione. Scene che dovrebbero essere intense perdono forza perché il film sembra non sapere quando rallentare. Ho avuto la sensazione che fosse così concentrata sull’obiettivo di scioccare da offuscare alcune sfumature importanti.

La mia esperienza: tra fascino e disagio

Guardare Saltburn è stato come salire su una montagna russa emotiva. La prima metà mi ha completamente catturato: il ritmo, la curiosità di scoprire dove quella strana amicizia tra Oliver e Felix avrebbe portato, i dialoghi taglienti – tutto mi ha tenuta incollata allo schermo.

Ma, man mano che il film avanzava, ho cominciato a sentire una sorta di stanchezza emotiva. È come se la sceneggiatura volesse bombardarti continuamente di colpi di scena e rivelazioni senza mai concederti un attimo di respiro.

Ci sono scene che mi rimarranno impresse a lungo (niente spoiler!), ma devo ammettere che il finale mi ha lasciato divisa. È brillante e teatrale, sì, ma forse un po’ troppo drammatico, quasi come se il film si stesse autocompiacendo della propria genialità.

Conclusione: un’esperienza da vivere e discutere

Saltburn non è un film per tutti. È esagerato, strano e a tratti fin troppo consapevole di sé. Ma se ami le storie che esplorano il lato oscuro del privilegio e dell’ossessione, potresti trovare qualcosa di unico in questo film. O, almeno, avrai materiale per discuterne per ore con gli amici.

Quindi, dacci un’occhiata. E poi fammi sapere: cosa hai visto guardando dentro l’abisso?

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3 risposte a “Saltburn”

  1. Ottima recensione, l’ho appena inserita nella mia wishlist.

    Ps. Aggiungo il tuo blog ai link dei preferiti, anche se non so come inserirlo nella barra laterale del mio blog.

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    1. Grazie mille! 😊 Spero che Saltburn ti sorprenda (in bene o in male, ma di certo non ti lascerà indifferente). E per il blog, onorata di finire tra i preferiti!

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  2. […] film che avevo visto era Saltburn (clicca qui per leggere la mia recensione), un’esperienza intensa, piena di eccessi e caos. Poi […]

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