Prima di dicembre, Charles Dickens per me era solo “Il Canto di Natale” (clicca qui per leggere la mia recensione) – la classica storia del vecchio avaro che prende uno spavento e decide di diventare una brava persona (che, diciamocelo, servirebbe anche a noi ogni tanto). Poi, verso la fine dell’anno scorso, ho letto “Il Grillo del Focolare” (clicca qui per leggere la mia recensione) e mi ha sorpreso quel modo tutto dickensiano di mescolare magia e quotidianità, realismo sociale e speranza. A quel punto la curiosità era scattata: perché non leggere qualcosa di più impegnativo?

Così ho iniziato “Oliver Twist”, pubblicato a puntate tra il 1837 e il 1839. È il suo secondo romanzo e già qui si vede che Dickens non scrive solo per raccontare storie, ma per denunciare. Niente fiabe natalizie, niente magia: solo la miseria, la fame e l’indifferenza della Londra vittoriana.

Oliver è un bambino che nasce senza niente, cresce tra fame e violenza e, appena prova a scappare da quella vita, finisce nelle mani di Fagin, un vecchio losco che insegna ai ragazzini a rubare. Da lì in poi, ogni porta che si apre sembra solo un’altra trappola. Ci sono momenti in cui sembra che la storia non gli dia tregua, e leggere diventa quasi frustrante – ma è proprio questo il punto. Dickens non addolcisce nulla: mostra quanto sia facile per un bambino povero essere schiacciato da un sistema che non lo vuole salvare.

Leggere “Oliver Twist” è un’esperienza intensa. Nonostante il protagonista sia quasi irreale nella sua purezza (diciamolo: a volte è un po’ troppo ingenuo per essere vero), il romanzo colpisce per la sua forza narrativa e per il ritratto spietato di una Londra dove chi è povero è destinato a soffrire. Dickens alterna momenti di ironia a scene di grande durezza, denunciando un sistema che preferiva abbandonare i bambini per strada piuttosto che aiutarli davvero.

Quello che mi ha colpito di più è che, pur essendo un romanzo scritto quasi due secoli fa, molte delle sue riflessioni sulla povertà, l’ingiustizia e l’ipocrisia sociale sono ancora attuali. Se Dickens per voi è solo il Natale e il lieto fine, Oliver Twist è un tuffo nel suo lato più oscuro – ma incredibilmente umano.

8 risposte a “Oliver Twist”

  1. Da lettrice affezionatissima di Dickens, non posso che apprezzare la tua recensione. Hai colto il vero significato di questo grande classico, brava 👏🏻🤗

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    1. Oh, ma che bel commento, grazie! 💛 Mi fa davvero piacere sapere che una lettrice appassionata di Dickens abbia apprezzato la mia recensione! Oliver Twist è stata un’esperienza intensa, e più lo leggevo, più mi rendevo conto di quanto Dickens fosse non solo un grande narratore, ma anche un osservatore spietato della società. Quindi grazie per aver colto quello che volevo trasmettere!

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  2. Ho letto Dickens fin da quando ero bambina… un autore che ho sempre amato molto, sebbene non esente da difetti, prima fra tutti una notevole prolissità, capace però di regalarci storie bellissime…

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    1. Assolutamente d’accordo! Dickens ha quel talento unico di creare storie straordinarie, ma ogni tanto si lascia un po’ trasportare… diciamo che non aveva proprio il dono della sintesi! 😆 Però è anche vero che proprio quella sua prolissità costruisce mondi così vividi e dettagliati che, quando ci si immerge, è difficile uscirne.

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  3. Ho acquistato poco tempo fa il libro, perché voglio proprio leggerlo da adulta, per intero 🤩

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    1. Che bello! Anch’io l’ho letto per la prima volta solo ora ed è stata una bellissima sorpresa. Penso proprio che ti piacerà

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  4. Dickens, col Natale, ha anche contribuito a creare il concetto di infanzia e, soprattutto, di infanzia rubata.

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    1. Verissimo. Dickens ha praticamente inventato la figura del bambino vittima del sistema, molto prima che diventasse un tema “moderno”. Con Oliver, l’infanzia non è solo innocenza… è anche perdita, abbandono, lotta. Altro che zucchero e cannella natalizia.

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