📺 Disponibile su Mubi
📽️ Durata: 1h41

Ci sono film che urlano. Film che ti spiegano ogni emozione, che sottolineano i momenti importanti con musiche enfatiche e dialoghi intensi. Aftersun no. Questo è un film che sussurra, che lascia tutto in sospeso, che sembra quasi svanire nell’aria. E proprio per questo continua a ronzarti in testa per giorni.

Sono andata a vederlo senza aspettative particolari. Sapevo che parlava di un padre e di una figlia, che Paul Mescal era straordinario, che aveva lasciato molte persone in lacrime. Quello che non mi aspettavo era il modo in cui Charlotte Wells mi avrebbe coinvolta senza forzature, senza spiegazioni, senza drammi espliciti. Aftersun non chiede la tua attenzione, se la prende.

La trama

Sophie, undici anni, è in vacanza con suo padre Calum in un resort in Turchia alla fine degli anni ’90. I due trascorrono il tempo insieme tra bagni in piscina, cene, chiacchiere e momenti di gioco. A prima vista, sembra la storia intima e delicata di un legame tra padre e figlia. Ma poco a poco si insinua una strana sensazione, come se qualcosa sfuggisse, come se ci fosse un’ombra che Sophie non vede, ma che noi spettatori percepiamo.

Calum è un padre affettuoso, attento, presente. Ma c’è anche qualcosa di inafferrabile nel suo sguardo, un velo di malinconia che non si traduce mai in parole, ma che si sente in ogni gesto. Sophie, nella sua innocenza infantile, non riesce a cogliere fino in fondo quello che sta succedendo. Lo capiamo noi, osservando da fuori, e il risultato è un film che lascia un senso di nostalgia difficile da descrivere.

A rendere tutto ancora più potente è la struttura narrativa: il film è raccontato attraverso i ricordi di Sophie adulta, che cerca di rimettere insieme i pezzi di quel viaggio, di capire ciò che allora le era sfuggito. Ma i ricordi sono frammentari, imperfetti. E la domanda che rimane è: quanto possiamo davvero conoscere qualcuno, anche quando gli siamo vicini?

Stile e regia

Charlotte Wells non racconta la storia con un approccio convenzionale. Aftersun è un film di atmosfere, di dettagli minimi, di silenzi che pesano più delle parole. La sua regia è sottile e precisa: spesso la macchina da presa osserva da lontano, come se volesse rispettare l’intimità dei personaggi, mentre altre volte ci immerge nei loro occhi, nei loro pensieri inespressi.

La fotografia è calda, nostalgica, quasi sbiadita come un vecchio filmino di famiglia. Ci sono momenti girati con una videocamera amatoriale, che danno ancora più la sensazione di una memoria ricostruita a posteriori, con tutto il senso di perdita che questo comporta.

Il ritmo è lento, contemplativo. Non ci sono grandi eventi, non c’è una vera e propria trama da seguire. È un’esperienza più che un racconto lineare, e questo può risultare spiazzante per chi si aspetta una narrazione più tradizionale.

La mia esperienza

All’inizio, ero semplicemente curiosa. Il film sembrava delicato, intimo, quasi leggero. Ma man mano che procedeva, ho iniziato a sentire un nodo allo stomaco, senza nemmeno rendermene conto. Aftersun non ti colpisce con la forza di una scena drammatica, ti avvolge piano, fino a lasciarti con una sensazione di malinconia profonda.

E il finale… Non dirò nulla, ma posso solo dire che, quando la musica è partita, ho sentito qualcosa spezzarsi dentro.

Punti positivi

  • Paul Mescal incredibile, capace di trasmettere emozioni immense con piccoli gesti
  • Frankie Corio sorprendentemente naturale, mai forzata o artificiale
  • Regia delicata, che lascia spazio all’interpretazione dello spettatore
  • Fotografia che cattura perfettamente il senso di memoria e nostalgia
  • Un film che continua a crescere dentro di te anche dopo la visione

Punti negativi

  • Ritmo molto lento, che può risultare pesante per chi ama film più narrativi
  • Nessuna spiegazione chiara, tutto è lasciato all’interpretazione personale

Vale la pena?

Aftersun non è un film da capire, è un film da sentire. Non ti dice cosa provare, ma ti lascia con un vuoto sottile, con la sensazione che qualcosa sia sfuggito, che qualche dettaglio importante sia rimasto nell’ombra.

Mi ha fatto pensare a quanto sia fragile la memoria, a quanto ci sfugga delle persone che amiamo. A come, a volte, ci rendiamo conto del vero significato di un momento solo quando è già diventato passato.

Se lo hai visto, dimmi: ti ha lasciato un segno o ti è scivolato addosso?

2 risposte a “Aftersun”

  1. L’ho visto proprio la settimana scorsa. Mi ha colpito la considerazione: conosciamo davvero a fondo chi abbiamo accanto?

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    1. Eh, questa è la grande domanda, no? Passiamo anni accanto a qualcuno, crediamo di conoscerlo, ma poi ci accorgiamo che ci sfugge sempre qualcosa. Aftersun lo mostra in modo quasi crudele: i dettagli che non notiamo, i silenzi che non capiamo, i momenti che sembravano normali e invece nascondevano un intero mondo. E alla fine restiamo lì, a cercare di ricostruire, a chiederci cosa ci siamo persi. È un pensiero che fa male, ma è anche incredibilmente vero

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