Sai quei libri che iniziano come un dramma familiare e, all’improvviso, ti rendi conto che stai leggendo un thriller esistenziale? “Il mondo invisibile”, di Liz Moore, è proprio così. Ti attira dolcemente, quasi in silenzio, e prima che tu te ne accorga, sta urlando dentro la tua testa.
Il contesto tematico
Ci sono due ossessioni molto attuali in questo libro: l’intelligenza artificiale e l’identità. Cosa ci rende ciò che siamo? I ricordi? I dati? O forse solo le storie che raccontiamo (o nascondiamo) su noi stessi?
La storia si svolge tra gli anni ‘80 e ‘90, quando i computer erano macchine enormi e misteriose, e l’idea che potessero “pensare” sembrava ancora fantascienza. Al centro di questa rivoluzione tecnologica c’è Ada Sibelius, una ragazza cresciuta in un laboratorio di programmazione, come se fosse un piccolo esperimento umano. Suo padre, David, è un genio dell’informatica, un uomo eccentrico e introverso, ossessionato dall’idea di creare un programma in grado di comprendere il linguaggio umano. Ma, ironicamente, lui stesso non è mai stato bravo a comunicare con le persone.
In questo libro, la tecnologia non è solo lo sfondo, è una metafora. Ada è circondata da macchine che cercano di comprendere il mondo, ma né loro né lei riescono davvero a decifrare la verità sulla sua vita. Perché, man mano che la storia avanza, Ada scoprirà che forse suo padre non è affatto chi pensava che fosse.
La trama
Ada cresce in un mondo isolato, educata da suo padre all’interno del laboratorio, lontana dalla vita normale dei bambini. La sua infanzia è fatta di algoritmi, codici e discussioni sull’intelligenza artificiale. Ma quando David inizia a mostrare segni di demenza, Ada è costretta ad affrontare la realtà: la sua vita è stata costruita su segreti.
Da qui inizia una ricerca silenziosa, quasi un’indagine, in cui Ada cerca di capire non solo chi fosse veramente suo padre, ma anche chi è lei stessa senza di lui. Moore ci lascia navigare nel buio per un po’, dandoci indizi poco alla volta e costruendo la tensione in modo sottile ma potente.
Lo stile di Liz Moore
Se dovessi descrivere lo stile di Liz Moore con una parola, sarebbe precisione. Non spreca parole, ogni dettaglio è intenzionale, ogni frase pesa. È come se stesse scavando nella mente dei suoi personaggi, pezzo dopo pezzo, proprio come il programma di intelligenza artificiale che il padre di Ada cerca di creare.
Un altro suo talento è quello di costruire personaggi incredibilmente reali. Ada è brillante ma ingenua. David è affascinante ma inquietante. E poi ci sono i personaggi secondari, come Liston, la scienziata che accoglie Ada, e i suoi figli, che non sono semplici comparse, ma parti essenziali della storia.
La mia esperienza di lettura
All’inizio pensavo fosse solo un romanzo su un rapporto padre-figlia, un classico racconto di formazione con un tocco nerd. Ma più andavo avanti, più sentivo quella strana tensione crescente, quella sensazione che qualcosa non tornasse. E quando la verità inizia a emergere, ti colpisce allo stomaco.
Ho chiuso il libro con quella sensazione strana di soddisfazione e vuoto allo stesso tempo. Come quando scopri qualcosa che preferivi non sapere. Liz Moore non ci dà risposte facili, e proprio per questo la storia rimane con te anche dopo aver girato l’ultima pagina.
Se ami i romanzi che mescolano dramma, mistero e riflessioni su tecnologia e identità, “Il mondo invisibile” potrebbe essere il libro giusto per te. Ma ti avverto: alla fine, potresti iniziare a dubitare anche dei tuoi stessi ricordi.





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