Sai mai quei libri che iniziano intrappolandoti nel mistero e, prima che tu te ne accorga, ti stanno trascinando nel disperato abisso del protagonista? “Il giardino di bronzo”, dell’argentino Gustavo Malajovich, fa esattamente questo. È un thriller su una scomparsa, ma anche sulla devastazione di chi rimane, ossessionato dalla ricerca di risposte.
La trama
Alcune storie di sparizioni parlano di chi è svanito. Altre, di chi è rimasto indietro. “Il giardino di bronzo” è un thriller psicologico che esplora proprio questo secondo aspetto: l’inferno di chi aspetta.
Buenos Aires, con il suo ritmo inconfondibile e le sue strade dove passato e presente si intrecciano, è lo scenario perfetto per questa storia. Ma qui la città non è solo uno sfondo malinconico e suggestivo. È viva, stratificata, piena di vicoli affollati che ingoiano segreti e di spazi vuoti dove la speranza si dissolve.
In questo labirinto incontriamo Fabián Danubio, un architetto la cui vita viene distrutta nel giorno in cui sua figlia di quattro anni, Moira, scompare senza lasciare traccia. Quello che inizia come un caso di polizia si trasforma presto in un enigma senza risposte. Gli indizi svaniscono, le ipotesi non reggono, e pian piano tutti sembrano accettare l’inevitabile: alcune persone semplicemente spariscono.
Ma Fabián non lo accetta. Si rifiuta di seppellire sua figlia senza una certezza. E così, inizia a indagare da solo. Il problema? Non si tratta di giorni, né di mesi. Passano anni.
E più il tempo scorre, più la ricerca smette di essere solo per Moira e diventa su di lui. Fino a che punto può spingersi un uomo prima di perdersi completamente?
Lo stile di Gustavo Malajovich
Malajovich è sceneggiatore, e si sente. La sua scrittura è diretta, essenziale, senza inutili fronzoli. Ogni scena è così visiva che sembra di guardare un film – o meglio, una serie TV di quelle che divori senza rendertene conto.
E infatti è esattamente quello che è successo: il libro è diventato una serie HBO, che ha amplificato ancora di più l’atmosfera claustrofobica della storia.
Quello che distingue Malajovich da altri scrittori di thriller è che non si accontenta del mistero. Vuole scavare nelle conseguenze. Cosa succede a qualcuno che vive per anni nel dubbio? Come può un padre continuare a esistere quando la sua unica funzione diventa inseguire un fantasma?
La mia esperienza di lettura
Mi ha presa alla sprovvista. Pensavo di leggere un classico thriller su un rapimento, con i soliti colpi di scena e un finale ben costruito. Ma “Il giardino di bronzo” non ha fretta di darti risposte. Ti trascina nell’ossessione del protagonista e ti fa sentire il peso del tempo che passa.
Ci sono stati momenti in cui ho dovuto mettere giù il libro e respirare. La frustrazione di Fabián è diventata la mia. La sua disperazione mi ha trascinata con sé. E quando i pezzi del puzzle hanno iniziato a incastrarsi, non sapevo nemmeno più se volevo davvero conoscere la verità.
È il tipo di libro che ti fa pensare: fino a che punto mi spingerei per qualcuno che amo? Quand’è che il coraggio diventa ossessione?
Se ami i thriller psicologici che non ti servono risposte su un piatto d’argento, questa lettura è un passaggio obbligato. Ma ti avviso: ti rimane addosso anche dopo l’ultima pagina.





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