“Straw Senza Uscita”, diretto da Tyler Perry e appena uscito su Netflix, appartiene al secondo tipo. Non cerca di farti evadere, vuole metterti davanti allo specchio. È una storia che pesa, che fa male in punti precisi del corpo e della coscienza.

La trama

La storia di Straw Senza Uscita si svolge nell’arco di un’unica giornata, ma una di quelle che cambiano tutto. Janiyah Wiltkinson è una madre single che vive in un quartiere difficile, lavora in un call center tossico e cerca di prendersi cura della figlia malata. È sommersa da bollette, affitti arretrati, richieste impossibili e una solitudine che diventa quasi materiale.

Fin dal primo minuto capiamo che qualcosa non va. La bambina è malata, l’autobus tarda, l’infermiera del pronto soccorso la tratta con freddezza. Ogni luogo è un muro. Janiyah cerca di mantenere la calma, ma è chiaro che sta lottando contro un sistema indifferente. L’umiliazione è continua: dal datore di lavoro che le dà un ultimatum, ai servizi sociali che minacciano di toglierle la figlia, fino alla polizia che la osserva con sospetto anche quando è vittima.

Ogni interazione è un’escalation. Ogni tentativo di chiedere aiuto diventa un rifiuto. Ogni scelta che fa sembra portarla un passo più vicina al baratro. E il film ci porta con lei, in tempo reale, nel crescendo di tensione emotiva, economica, psicologica.

A metà film, la realtà comincia a sfumare. Alcune scene sembrano strane, i comportamenti delle persone attorno a lei diventano ambigui. Il regista non ti dice mai chiaramente cosa è vero e cosa no, ma ti lascia dentro quella confusione con lei. È un viaggio nella mente di una donna al limite, dove realtà, percezione e trauma iniziano a mescolarsi.

Regia, estetica e narrazione

Tyler Perry abbandona qui il suo stile più commerciale e costruisce un thriller psicologico che unisce realismo sociale e tensione emotiva. La fotografia è fredda, opprimente, con spazi urbani angusti, uffici disumanizzati, ospedali impersonali. La città non è sfondo, è un labirinto.

La regia sceglie un punto di vista soggettivo e instabile: siamo dentro la mente di Janiyah, e ciò che vediamo è filtrato dalla sua percezione, a volte distorta. La struttura narrativa è frammentata, quasi allucinata, con passaggi che sembrano reali ma non lo sono. Tutto questo ci porta a dubitare della realtà quanto lei stessa.

Simbolismo e letture

Il titolo “Straw” che richiama l’espressione inglese “the last straw” (l’ultima palha che fa crollare tutto) è già un manifesto. Janiyah è la personificazione del punto di rottura. Ogni personaggio secondario (il medico, il capo, il poliziotto) rappresenta un pezzo di un sistema disfunzionale che schiaccia senza pietà.

È un film che parla di violenza sistemica senza mostrarla in modo eclatante: la fa vivere nella pelle della protagonista. La tensione non viene dalle pistole, ma dalle telefonate, dalle porte che si chiudono in faccia, dai “no” che diventano muri. C’è un chiaro richiamo al cinema di denuncia sociale, ma con toni intimi, quasi onirici.

Punti di forza

  • Taraji P. Henson è straordinaria: il dolore, la rabbia, la fragilità sono tutti lì, negli occhi.
  • La regia e il montaggio creano una tensione costante, senza ricorrere a cliché.
  • La critica sociale è potente, ma raccontata attraverso l’esperienza, non con i discorsi.

Punti deboli

  • L’accumulo di tragedie può sembrare esagerato per chi cerca un realismo più “contenuto”.
  • Alcuni spettatori potrebbero perdersi nella sovrapposizione tra realtà e illusione.

L’esperienza

Guardare Straw non è rilassante. Un film crudo, coraggioso, destabilizzante. Che rompe le regole del racconto lineare per farci sentire cosa vuol dire non avere vie d’uscita. Netflix sorprende con una scelta che non cerca consensi facili, ma lascia un’impronta profonda.

2 risposte a “Straw Senza Uscita”

  1. Dalla tua bella recensione capisco che non è il momento di “Straw”. Lo tengo in memoria per un periodo diverso. Ora ho bisogno di leggerezza e qui ne intravedo pochina. Buona domenica!

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    1. Straw ha un’intensità tutta sua, e con questo sole fuori, caldo e l’aria che sa di vacanza, capisco benissimo la voglia di leggerezza! Ma vale la pena tenerlo in lista per quando arriverà il momento giusto

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