📍Un altro tesoro nascosto su Netflix
Ho scelto di vedere Roma, città aperta per la stessa ragione per cui si torna a una vecchia lettera mai finita: perché alcune storie non sono solo racconti, sono cicatrici condivise. E il cinema, a volte, è il modo più sincero che abbiamo per guardarci dentro.
Rossellini gira questo film a Roma subito dopo la liberazione, con la città ancora piena di soldati, rovine e silenzi. È un film nato nella fretta, con pochi mezzi e tante urgenze. Eppure, dentro quel caos, ha trovato una chiarezza narrativa che ti strappa il fiato.
Stile e sguardo registico
Qui il neorealismo è ancora più crudo: niente decorazioni, niente eroi perfetti. Solo gente vera, in una città vera, che cerca di restare umana. Rossellini non dirige: testimonia. Osserva senza spiegare, filma come chi sa che ogni secondo può essere l’ultimo.
La camera segue i personaggi per le strade, entra negli appartamenti umidi, nei sotterranei, nei corridoi della paura. I piani sono ampi, quasi teatrali. Ma poi, all’improvviso, ti colpisce con un primo piano che ti lascia nudo.
Trama e tensione
La trama segue un ingegnere comunista che, braccato dalla Gestapo, cerca rifugio nella Roma occupata. A dargli aiuto ci sono un prete, Don Pietro, coinvolto nella resistenza in modo discreto ma determinante, e Pina, una donna incinta che continua a credere in qualcosa di giusto, nonostante tutto. È una storia semplice, ma densa di tensione: ogni azione ha un peso, ogni silenzio parla. Pina, interpretata da Anna Magnani, è il cuore emotivo del film. In una scena diventata simbolo, corre per raggiungere l’uomo che ama mentre viene arrestato. Non fugge: corre per amore, per disperazione, per non lasciarlo andare. In quei pochi secondi, Rossellini riesce a racchiudere il dramma di un’intera nazione.
Temi e simboli
— La città come protagonista
Roma non è sfondo. È una madre ferita, che però non smette di lottare. Il titolo stesso, “città aperta”, è ironico e tragico insieme: aperta perché senza difese, ma anche aperta come una ferita.
— Religione e politica che si toccano
Il prete e il comunista collaborano. In un’Italia spaccata, Rossellini immagina un’unità che va oltre l’ideologia. Umani, prima di tutto.
— Le donne nella resistenza
Pina non è solo una madre o una compagna. È un simbolo di coraggio quotidiano. Il suo corpo a terra non è solo morte, è dichiarazione.
Punti di forza
L’urgenza. La verità emotiva. La fotografia che non cerca la bellezza, ma la memoria.
E soprattutto: non c’è musica. Solo rumori di fondo, passi, spari. Come se il film volesse che sentissimo ogni singolo respiro della paura.
La mia esperienza
L’ho visto dopo Germania anno zero, ed è stato come tornare all’inizio di un libro sapendo già il finale. Mi ha fatto pensare a chi siamo nei momenti in cui tutto cade. Mi ha lasciato con una domanda: quanto coraggio ci vuole per restare umani quando tutto intorno disumanizza?
Roma, città aperta non è solo un film. È un atto di resistenza. Una lettera d’amore a una città che ha sofferto. E, guardandolo oggi, è come se ci dicesse: anche nei momenti più bui, raccontare è un atto di speranza.
Se non l’hai ancora visto, fallo. Per capire da dove veniamo. E forse anche dove stiamo andando.





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