Nel 1989, The Man in the Brown Suit viene adattato per la televisione americana con il titolo italiano L’uomo dall’abito marrone e lo si può guardare attualmente su YouTube . Diretto da Alan Grint e con Stephanie Zimbalist nei panni di Anne Beddingfeld, il film reinterpreta il romanzo di Agatha Christie con uno spirito decisamente anni ’80: ambientazione aggiornata, toni più leggeri e un’estetica da film d’avventura con sfumature romantiche.
La trama del film
Anne, nel film, è una giovane americana che vive al Cairo e lavora vendendo videocassette turistiche. Dopo aver assistito a un omicidio in un hotel, si imbatte in un biglietto misterioso lasciato dalla vittima e decide di seguire le tracce da sola. Questo la porta a imbarcarsi su una nave da crociera, dove incontra una serie di personaggi ambigui: un affascinante sospetto, una donna enigmatica e una rete criminale che ruota attorno a un carico di diamanti rubati.
La figura del “Colonnello”, come nel libro, rimane al centro del mistero: un criminale potente e invisibile, di cui nessuno conosce il volto. Anne si ritrova coinvolta in un intrigo internazionale e, tra colpi di scena e travestimenti, dovrà scoprire chi è veramente l’uomo dall’abito marrone.
Atmosfera e stile
Dimenticate la nebbia inglese degli anni ’20: qui siamo nel pieno di un Egitto esotico e fotogenico, con riprese che giocano con i toni caldi del deserto e le ombre da noir tropicale. La fotografia è televisiva ma cerca suggestioni più cinematografiche, soprattutto nelle sequenze ambientate sul Nilo e a bordo della nave da crociera. La regia di Grint è funzionale, senza guizzi, ma mantiene il ritmo con un montaggio serrato e una colonna sonora tipicamente anni ’80, archi melodrammatici e atmosfere da soap internazionale.
Protagonista e performance
Stephanie Zimbalist dà vita a una Anne moderna, più simile a una eroina di Moonlighting che alla sognatrice letteraria di Christie. È carismatica, vivace, ma la sceneggiatura non le permette grande profondità. Accanto a lei, Edward Woodward è un Colonnello ambiguo, e Tony Randall (in un ruolo comico come reverendo) aggiunge un tocco di assurdo. Il cast funziona più per presenza scenica che per coerenza drammatica.
Narrazione e ritmo
La struttura è lineare, priva delle ambiguità e delle stratificazioni del testo originale. Il diario anonimo scompare. Al suo posto, una trama che si sviluppa come un classico thriller televisivo: c’è un omicidio iniziale, indizi sparsi, fughe, identità segrete, un amore nascente e — ovviamente — il misterioso uomo in marrone. Tutto è reso digeribile, persino prevedibile, ma mai noioso.
Come prodotto audiovisivo, il film risente dei suoi limiti: girato per la TV, con un budget contenuto, e una sceneggiatura che preferisce la leggerezza al mistero. Ma non va sottovalutato. In un’epoca in cui la Christie veniva spesso “musealizzata” nei suoi adattamenti, qui si tenta (con mezzi modesti) di darle un look più moderno, internazionale, quasi da James Bond in versione soft.
Perché vederlo oggi?
Non aspettatevi un capolavoro, ma un curioso ibrido tra giallo e romance, tra soap e spy movie. È un pezzo di archeologia televisiva, con tutto il fascino retrò delle produzioni anni ’80: abiti voluminosi, dialoghi veloci, tensione controllata. Un film per chi ama scoprire come la Christie possa essere riletta attraverso linguaggi, mode e generi diversi.





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