Al diciassettesimo giorno del calendario attraversiamo l’oceano e approdiamo in Giappone, patria di un horror che non ha bisogno di sangue o mostri giganti per far paura: basta una videocassetta maledetta e una ragazza con i capelli sul volto. Ringu (1998), diretto da Hideo Nakata, è il film che ha portato l’horror asiatico al centro della scena mondiale.
Che cos’è l’horror asiatico?
L’horror asiatico, in particolare quello giapponese e sudcoreano, si distingue per la sua atmosfera lenta, silenziosa, carica di inquietudine. I fantasmi non appaiono con effetti spettacolari: emergono quasi in sordina, insinuandosi nell’immaginazione. È un terrore più sottile, che lavora sulla tensione psicologica, sui tabù culturali e sul senso di maledizione ineluttabile.
Elementi chiave
- Maledizione moderna → non un libro antico o un rituale arcaico, ma una videocassetta VHS: il male si adatta al nostro tempo.
- Femminile inquietante → Sadako, la ragazza con i capelli lunghi sul volto, è diventata un’icona mondiale.
- Atmosfera rarefatta → silenzi, corridoi vuoti, televisori accesi senza motivo: il quotidiano si trasforma in incubo.
- Paura dell’ignoto → la maledizione non si spiega fino in fondo: è inevitabile, come una condanna.
- Terrore senza scampo → guardi la videocassetta, hai sette giorni di vita. Nessuna via di fuga.
Differenza dagli altri sottogeneri
- Gotico (giorno 1) → fantasmi legati a colpe e peccati del passato. Ringu: una maledizione che si diffonde come un virus, impersonale e moderna.
- Psicologico (giorni 4 e 30) → la paura nasce dalla mente. Qui la mente non basta: il male è esterno, inspiegabile, eppure inevitabile.
- Folk horror (giorno 5) → comunità e rituali. Ringu: tecnologia quotidiana trasformata in veicolo di morte.
La trama
La giornalista Reiko indaga su una videocassetta che si dice uccida chiunque la guardi entro sette giorni. Dopo aver visto il nastro, cerca disperatamente di scoprire la verità dietro la maledizione. L’indagine la conduce alla tragica storia di Sadako, una ragazza dotata di poteri psichici, e al pozzo in cui il suo corpo era stato abbandonato. Ma la maledizione non si ferma con la scoperta: trova sempre un nuovo modo di diffondersi.
Lettura critica
Ringu è una riflessione sul rapporto tra tradizione e modernità: un fantasma antico che trova casa nella tecnologia contemporanea. È anche un racconto sulla trasmissione del trauma: l’orrore si propaga di persona in persona, come un contagio inarrestabile. La forza del film sta nella sua economia visiva: niente sangue, poche apparizioni, ma un’atmosfera che ti rimane addosso per giorni.
Perché guardarlo a Halloween
Perché Halloween è anche il momento per scoprire come l’orrore cambia forma da cultura a cultura. Ringu è un’esperienza diversa dall’horror occidentale: meno immediata, più insinuante, più disturbante. Perfetto per chi vuole brividi che non finiscono con i titoli di coda, ma continuano quando la casa è buia e la TV sfrigola senza motivo.
Curiosità
- Il film è tratto dal romanzo Ring di Kōji Suzuki.
- Ha avuto un remake americano, The Ring (2002), che ha reso Sadako/Samara famosa anche in Occidente.
- La scena della ragazza che esce dal televisore è tra le più iconiche e imitate della storia del cinema horror.
- Ha generato un intero franchise di sequel, spin-off e crossover (incluso Sadako vs Kayako, che mette contro Ringu e Ju-On).





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