Ci sono film che si scelgono per curiosità, altri per estetica, e poi ci sono quelli che ti trovano. Caramelo (2025), diretto dal regista brasiliano Diego Freitas e distribuito da Netflix, appartiene a questa terza categoria: una storia piccola, ma capace di parlare a un pubblico vastissimo.
Dopo tanti horror nel calendario di ottobre, avevo bisogno di un film che esplorasse un altro tipo di paura, non quella dei fantasmi ma quella più quotidiana, più umana: la paura di fermarsi, di perdere, di cambiare.

Trama

Pedro, un giovane chef di successo (interpretato da Rafael Vitti), si trova improvvisamente costretto a rivedere tutta la sua vita dopo una diagnosi che lo scuote fino alle radici. In mezzo al caos emotivo e alla perdita del controllo, incontra un cane randagio, un meticcio dal pelo color caramello.
L’incontro tra i due diventa un modo per affrontare il dolore, la solitudine e la paura della fine, non attraverso la tragedia ma con un linguaggio di silenzi, sguardi e gesti quotidiani.

È un film fatto di piccole cose: un pasto condiviso, un sorriso stanco, un tramonto che dura un po’ di più. Ma è proprio lì, nei dettagli minimi, che si costruisce la sua forza narrativa.

Contesto e direzione

Diego Freitas è una delle voci emergenti del cinema brasiliano contemporaneo, che negli ultimi anni ha saputo unire sensibilità sociale e raffinatezza estetica.
In Caramelo abbandona il dramma romantico per un realismo intimo, quasi contemplativo. La regia è asciutta, costruita su primi piani e luce naturale, come se volesse spogliare l’immagine da qualsiasi artificio. São Paulo, filmata con toni caldi e malinconici, diventa un personaggio a sé: un organismo vivo che isola e consola allo stesso tempo.

Nel suo silenzio gentile, Caramelo è anche una riflessione sulla solitudine urbana. Pedro rappresenta la classe media iperproduttiva delle grandi metropoli latinoamericane: connessa, ambiziosa, ma profondamente isolata.
Il cane randagio, figura quasi mitica, rompe il circuito della produttività e introduce la logica della gratuità: un affetto che non serve a nulla, ma salva tutto. Il film parla del bisogno di riscoprire la lentezza e la vulnerabilità in un mondo che celebra la performance.

Punti di forza

  • Regia sensibile: Freitas racconta il dolore con pudore, senza ricatti emotivi.
  • Fotografia terapeutica: colori caldi, luce naturale, immagini che abbracciano.
  • Recitazioni sincere: Rafael Vitti sorprende per naturalezza; il cane Caramelo è una presenza carismatica e silenziosa.
  • Temi universali: la malattia, la perdita, l’amicizia, il tempo — tutto raccontato con delicatezza.

Punti deboli

  • Struttura prevedibile: segue un arco narrativo già visto (crisi – incontro – trasformazione).
  • Ritmo uniforme: la lentezza, pur coerente, può risultare eccessiva per chi cerca tensione.
  • Dialoghi esplicativi: a volte il film preferisce “dire” ciò che l’immagine basterebbe a suggerire.

La mia esperienza

Ho guardato Caramelo in una sera tranquilla, pensando fosse un film “leggero”. E invece mi ha spiazzata. È uno di quei film che non ti fanno piangere subito, ma ti restano addosso: ci pensi mentre lavi i piatti, mentre cammini, mentre accarezzi un cane per strada.
Non è un capolavoro, ma è profondamente onesto. E in tempi in cui il cinema punta spesso all’eccesso, questa onestà è quasi rivoluzionaria.

Caramelo è un piccolo gioiello del cinema brasiliano contemporaneo: poetico, empatico, imperfetto ma sincero.
Un film che non cerca di impressionare, ma di farci ricordare cosa significa sentirsi vivi, anche quando la vita sembra fermarsi.

2 risposte a “Caramelo (2025)”

  1. Lo metterei in lista, se avessi l’abbonamento a Netflix. Ci penserò.

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    1. Se un giorno ti capita di recuperarlo, vale la visione… è un film piccolino ma molto tenero

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