Ho scoperto Chloe su Prime Video e il titolo mi ha colpita subito. Poi, leggendo che si trattava di un thriller psicologico britannico di sei episodi, ho capito che dovevo assolutamente vederlo.

Trama

La serie segue Becky Green, una giovane donna che vive una vita piuttosto monotona, divisa tra un lavoro senza stimoli e una madre malata che la tiene ancorata al passato. Nel tempo libero Becky osserva ossessivamente la vita perfetta della sua ex amica Chloe Fairbourne attraverso i social network. Le sue foto, le feste, i vestiti, il marito influente, tutto sembra appartenere a un mondo lontanissimo da lei. Ma quando Chloe muore improvvisamente, Becky sente che dietro quell’immagine patinata si nasconde qualcosa di più oscuro.

Spinta da una curiosità che diventa quasi un’ossessione, Becky inizia a indagare e si infiltra nella cerchia di amici di Chloe sotto una falsa identità. Da quel momento la serie diventa un gioco di specchi in cui la protagonista si perde tra bugie, desideri e il bisogno disperato di essere qualcun altro. Ogni episodio scava un po’ di più nelle contraddizioni della vita moderna e nella nostra dipendenza dallo sguardo altrui.

Regia e stile

Alice Seabright dirige la serie con un’attenzione particolare ai dettagli psicologici. La macchina da presa rimane spesso molto vicina ai volti, catturando microespressioni, esitazioni, bugie silenziose. La fotografia alterna toni caldi e freddi, passando dalla grigia quotidianità di Becky al mondo luminoso e artificiale di Chloe. Tutto è costruito per far sentire lo spettatore parte del suo sguardo, come se stessimo anche noi spiando attraverso uno schermo. La regia ha una sensibilità moderna che mescola thriller e dramma sociale, mantenendo sempre un equilibrio elegante.

Chloe è una riflessione sull’identità e sulla solitudine contemporanea. Parla del potere delle immagini, di come le vite che mostriamo online diventano narrazioni alternative che spesso non coincidono con la realtà. Becky rappresenta il lato oscuro di questo desiderio di essere visti, il bisogno di appartenenza che ci spinge a reinventarci continuamente. C’è anche una lettura sociologica interessante sul divario di classe e sul modo in cui i social amplificano l’invidia e la distanza tra le persone. La serie suggerisce che la felicità digitale è solo un filtro, e che dietro ogni post perfetto si nasconde una forma di fragilità.

Punti positivi

Il ritmo è ben calibrato e la tensione cresce lentamente ma costantemente. Erin Doherty è straordinaria, riesce a rendere Becky vulnerabile e manipolatrice allo stesso tempo, una protagonista piena di contraddizioni che non puoi fare a meno di seguire. La scrittura è intelligente, evita il moralismo e lascia spazio all’ambiguità. Anche la colonna sonora contribuisce a creare un’atmosfera sospesa, quasi ipnotica.

Punti negativi

In alcuni momenti la trama rallenta e alcune coincidenze possono sembrare un po’ forzate. Chi cerca azione o colpi di scena continui potrebbe trovarla troppo introspettiva. Il finale lascia delle questioni aperte, non tutto viene spiegato, ma questa scelta è coerente con il tono della serie.

La mia esperienza

Guardare Chloe è stato come entrare in un labirinto di riflessi. Mi sono ritrovata a chiedermi quante versioni di me stessa esistano e quante identità costruiamo solo per piacere agli altri. Ho provato empatia per Becky e allo stesso tempo un senso di disagio, come se in lei ci fosse una parte di tutti noi. È una serie che non ti fa rilassare ma ti costringe a pensare, anche dopo aver spento lo schermo, perché Chloe è una storia sottile e disturbante, perfetta per chi ama i thriller psicologici che scavano più nella mente che nell’azione, elegante, inquietante e incredibilmente attuale.

2 risposte a “Chloe”

  1. Interessante… io prendo ispirazione dai tuoi consigli ormai

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    1. Ma grazie davvero! Mi fa un piacere enorme che ti fidi dei miei consigli

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