Quando apro la Divina Commedia ho sempre la sensazione di entrare in un corridoio di museo dove non capisci bene se stai guardando l’opera o l’aria intorno a te. Dante la chiamava semplicemente Commedia, che fa quasi sorridere se pensi all’enormità del progetto. L’aggettivo divina arriva più tardi, infilato da un editore del Cinquecento che deve aver pensato qualcosa tipo ok, questa cosa è gigante, diamole un nome all’altezza. E il nome è rimasto, incollato per sempre.

La struttura è quella architettonica che conosci: tre cantiche, trentatré canti ciascuna, un canto introduttivo che sigilla tutto a cento. Più di quattordicimila versi organizzati in terzine incatenate che ti tirano dentro senza lasciarti scappare. Ma tutta questa precisione non nasce da un capriccio formale. Nasce da una crisi. Dante ha trentacinque anni, l’età in cui inizi a guardarti allo specchio e ti chiedi dove stai andando. Una notte si ritrova smarrito in una selva oscura e da lì parte una storia che non è solo mistica, ma anche estremamente umana.

La trama del viaggio

La vicenda è sorprendentemente lineare se la togli di dosso la reverenza scolastica. Dante si perde. Non riesce a ritrovare la strada. Davanti a lui appaiono tre fiere che gli impediscono di salire verso la luce. Quando tutto sembra perso, arriva Virgilio, il poeta latino che lui ha sempre considerato una specie di guida spirituale. Virgilio gli dice che non può uscire dalla selva da solo. Deve attraversare l’Inferno, risalire il Purgatorio e poi salire al Paradiso, dove Beatrice lo aspetta.

E qui scatta la parte più bella della storia. Dante non parte perché vuole esplorare l’aldilà. Parte perché sta vivendo una crisi profonda, una crisi che lo blocca. Il viaggio diventa uno specchio enorme in cui ognuno dei tre regni funziona come un livello diverso della sua coscienza. Nell’Inferno deve guardare il male negli occhi. Nel Purgatorio deve imparare a cambiare. Nel Paradiso deve capire cosa significa vedere la realtà con uno sguardo trasformato. È un viaggio di riconciliazione prima ancora che di salvezza.

Solo che per cominciare davvero bisogna scendere.

L’Inferno come discesa nella verità

L’Inferno è il primo vero capitolo della trama. Dante entra letteralmente in un buco nella terra, guidato da Virgilio. Prima trova gli ignavi, quelli che non hanno mai scelto nulla, come se il peccato peggiore fosse non prendere posizione. Poi inizia la discesa a spirale nei nove cerchi, dove ogni peccato ha un suo ordine, una sua stanza, una sua spiegazione. E mentre scende, Dante non sta solo osservando i peccatori. Sta osservando sé stesso.

Nei primi cerchi vede passioni, eccessi, debolezze. Gente che è caduta perché ha amato troppo o troppo male, o perché ha ceduto a qualcosa più grande di lei. È un Inferno ancora caldo, emotivo, umano. Più sotto invece la temperatura scende. Il peccato diventa volontà lucida, scelta precisa, tradimento. Quando Dante arriva al fondo si ritrova davanti al gelo. Lucifero è immobilizzato nel ghiaccio come la rappresentazione perfetta di un male che non è fiamma ma assenza di movimento, di calore, di vita.

La discesa non è solo geografica. È psicologica. Ogni personaggio che incontra racconta un frammento della stessa domanda: che cosa ci rende davvero colpevoli e che cosa ci rende ancora recuperabili.

Le figure che muovono la storia

La trama dell’Inferno è costruita come una serie di incontri. Francesca e Paolo, che raccontano il loro amore proibito con una dolcezza che ferisce. Ciacco, che parla della Firenze corrotta. Farinata, che discute con Dante della sua città come se fossero ancora in consiglio comunale. Ulisse, che non riesce a smettere di cercare orizzonti nuovi anche quando dovrebbe fermarsi. Ugolino, con il suo racconto che ancora oggi ti stringe lo stomaco.

Questi incontri non sono solo episodi. Sono specchi. Sono domande dentro altre domande. Ogni anima offre a Dante un pezzo di realtà che lui deve elaborare per capire meglio sé stesso e il mondo.

Come continua la trama

E qui mi fermo, perché questo è il primo capitolo del viaggio. Nei prossimi post saliremo al Purgatorio, dove la storia cambia ritmo, colore, temperatura. E poi al Paradiso, dove tutto diventa luce ma non nel senso facile della parola. Per ora rimango qui, nella parte della trama in cui il protagonista scende, inciampa, ascolta, osserva e capisce che per ritrovarsi deve prima attraversare tutto ciò che aveva paura di vedere.

2 risposte a “La Divina Commedia – Inferno”

  1. 🎀 Opera egregia ~ Da leggere piu’ volte …

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  2. Scolasticamente ci siamo approcciati solo a parte dell’inferno. Avevo pochissime aspettative, ma mi sono ricreduto per la magnificenza dalla composizione.

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