📽️ Durata: 23 minuti
📺 Disponibile su Netflix

Anuja era già da un po’ nella mia lista su Netflix. Quei film che salvi con l’idea di guardarli “al momento giusto”. Ma negli ultimi giorni la mia testa era un casino, tipo cassetto pieno che non si chiude più.

Ho confuso due libri totalmente diversi, ho scritto paragrafi interi con personaggi che non c’entravano nulla uno con l’altro — crossover letterario non richiesto. Ogni cosa che facevo sembrava frettolosa, distratta, fatta tanto per fare. Ed è lì che mi sono resa conto: non era solo stanchezza. Era rumore. Quel brusio mentale che non ti fa riposare, ma nemmeno andare avanti.

Non volevo vedere niente di lungo, né di troppo intenso, né con finali da mind-blowing. Volevo silenzio. Qualcosa di piccolo, sottile, che mi accogliesse senza chiedere nulla in cambio.
E così, eccolo lì: Anuja, 23 minuti.

Ho premuto play senza aspettative, senza occhio critico. Solo come spettatrice stanca che voleva respirare un po’.

La trama

Anuja ha nove anni e lavora in una fabbrica di vestiti a Nuova Delhi. Una bambina con sulle spalle un mondo intero. Quando le si presenta la possibilità di andare a scuola, quel sogno entra subito in conflitto con la realtà: il lavoro, la sorella maggiore Palak, la sopravvivenza quotidiana.

La storia è semplice, ma non banale. È uno di quei racconti che più guardi, più senti il peso delle scelte non dette.

Uno stile che sussurra

La regia di Adam J. Graves è un esercizio di rispetto. La macchina da presa osserva senza invadere. La luce è naturale, i suoni sono quasi assenti, tutto è trattenuto.
Sembra quasi di spiare Anuja senza farsi notare.

Il film non cerca di commuoverti a forza. E proprio per questo, ci riesce. E ci riesce bene.

Cosa funziona davvero:
– Le interpretazioni, soprattutto quella di Anuja, sono di una delicatezza rara.
– L’ambientazione è potente, calda, quasi soffocante.
– Il silenzio diventa linguaggio, e questo è sempre un atto di regia coraggioso.

Un punto debole (forse):
Il finale. Non succede nulla di clamoroso, e resta un po’ sospeso. Non ho capito subito se mi era piaciuto o no. Ma poi ho capito che quella domanda era il regalo del film. Non la risposta.

Il film che mi ha fatto rompere la promessa

Avevo deciso: una settimana senza scrivere. Una pausa vera. Detox creativo. Nessun post, nessuna pagina.
Ma Anuja è entrato in punta di piedi, ha toccato qualcosa che non sapevo fosse ancora acceso. E così, eccomi qui. Scrivo, non perché “dovevo”. Scrivo perché mi è venuto spontaneo.

E forse è questo che fanno le storie giuste: non ti chiedono di raccontarle. Ti ispirano a farlo.

5 risposte a “Anuja”

  1. Ci si riprende passando anche da queste piccole strettoie ed è bene assecondare il desiderio di scrivere se in qualche modo ci aiuta. L’importante è non vivere come un obbligo anche quello che dovrebbe ricaricarci. Lo guarderó senz’altro. 😘😘

    Piace a 1 persona

    1. Sì, hai ragione… ci sono giorni in cui anche scrivere diventa una pressione invece che un rifugio. Ma Anuja è stato come una porta socchiusa in mezzo al rumore. Non mi ha chiesto nulla, ma mi ha fatto venire voglia di tornare a raccontare. Forse è proprio vero che ci si riprende anche passando da queste piccole strettoie, come dici tu, e che ogni tanto serve solo una storia piccola ma giusta per ricordarci chi siamo. Grazie mille per essere qui ❤️

      "Mi piace"

  2. Quando una storia ti fa tornare la voglia di fare ciò che ti aveva stancato, o per cui avevi perso momentaneamente l’entusiasmo, vuol dire che è davvero speciale… Grazie, ancora una volta, per averla condivisa 🙏🤗

    Piace a 1 persona

    1. È proprio vero… a volte basta una storia piccola, ma sincera, per riaccendere qualcosa dentro. Non servono fuochi d’artificio, solo una scintilla nel punto giusto

      Piace a 1 persona

  3. il modo delicato con il quale hai raccontato un film di tale spessore emotivo ne vale la visione, corro a vederlo ❤

    "Mi piace"

Scrivi una risposta a Libri per Oggi – Tamiris Cancella risposta

In voga